Eroi nel Vento – Capitolo IV

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Riassunto Capitolo precedente: il segugio di Mr. T, tale Lucky, intima il Presidente del carcere Alvedium di rilasciare Marco Van Cocezz, ma il Presidente lo caccia indignato, perché non vuole consegnare il criminale nelle mani dei nemici, bensì rieducarlo e farne una persona per bene. La stessa persona (Cocezz), però, manda Arjanil incontro a morte certa, reo di aver oltraggiato il rispetto del prigioniero dai guanti blu (sempre Cocezz). Avviene uno scontro tra Arjanil e un mezz’orco, ed Arjanil sembra aver avuto ormai la peggio.

EROI NEL VENTO (IV)

Non era nemmeno sicuro che il suo fosse un vero ricordo. Quella visione, quel frammento di vita così lontano e distante nel tempo e nella mente, era talmente offuscato da sembrare appartenere ad un’altra esistenza o addirittura a un sogno. Indefinite gli apparivano le sagome di diversi uomini e donne che correvano in preda alla disperazione. Erano sagome senza memoria, senza volto, e per quanto si sforzasse di ricordare, non avevano colore. E nel grigiore nebuloso di quella indeterminazione, una sola figura prendeva forma, a quel solo viso era in grado di associare un’espressione, un contorno, un colore. Ed erano un’espressione feroce, un contorno minaccioso e un colore ardente, che insieme ricomponevano il ricordo di uomo dai lunghi capelli e dalla possente muscolatura che avanzava indisturbato ed incurante della distruzione che aveva intorno. Poi tornava ancora quell’ eco lancinante, il buio calava intorno alle pareti del ricordo e rimanevano solo quelle parole a riempire il vuoto delle immagini: “E’ arrivato il Mezz’orco!”

A questo pensava Arjanil mentre il nerboruto avanzava verso di lui, brandendo la mazza chiodata che tante vite innocenti aveva mietuto.
E nonostante tutto, nonostante quella giornata fosse cominciata con un arresto e continuata un pestaggio in carcere, nonostante la sua vita fosse appesa alla volontà di Van Cocezz e del Mezz’orco, continuava a ridere insistentemente, fomentando, tra la folla di detenuti che gli stava intorno, l’idea che fosse un po’ tocco.
“Hey Mezz’orco” – esordì, dando le spalle all’individuo che da un momento all’altro l’avrebbe tramortito – “ricordavo che le bestie come te fossero meno tricofobiche…Non è che soffri di calvizie per caso?”
Il mezz’orco si fermò, assumendo un’espressione sbigottita.
“Tricoché? Cosa significa?” – replicò, toccandosi la pelata con fare ottuso.
“Può significare due cose” – rispose Arjanil – “o sei il primo caso documentato di mezz’orco pelato, ed in tal caso potrei fornirti il numero del mio parrucchiere di fiducia! Sai, può applicarti delle lozioni niente male e il tuo bel viso ne gioverebbe. Già vedo la fila di mezz’orchesse per il tuo bel faccione…”
Il mezz’orco continuava a guardarlo con una faccia da ebete, non riuscendo a seguire perfettamente le logiche di quel discorso.
“O semplicemente…”
Arjanil sembrava volesse continuare il discorso, ma all’improvviso una fiamma si levò dal punto in cui egli era posizionato, disorientando il nerboruto e tutta la folla di carcerati radunata attorno ai due combattenti. Fu un attimo, neanche il tempo di rendersi conto di ciò che era successo, che il mezz’orco era già KO.
Infatti, dalla fiamma era venuto fuori Arjanil, colpendo in pieno viso il mezz’orco e provocandogli un’ustione nel punto esatto in cui l’avevo colpito. O almeno, così sembrava, giacché il suo colpo pareva fosse emerso dalla fiamma stessa.

“O semplicemente…non sei un mezz’orco” – concluse Arjanil, dopo aver sferrato il colpo. Dopodiché si avvicinò alla mazza chiodata e la distrusse schiantandola contro il muro ed affermando: “Quest’arma non era nient’altro che una copia, una orrenda imitazione, fidatevi di chi ha visto il vero Mezz’orco nei suoi occhi. Questo qua” – ed indicò il corpo privo di conoscenza del nerboruto – “non era nient’altro che un impostore, un puppi, e lo dimostra il fatto che siete ancora tutti vivi”.

Detto ciò, si diresse verso la cella numero 40 e disse a Marco Van Cocezz: “Dovresti ringraziarmi adesso, mi sono sbarazzato di un mediocre ciarlatano in cui riponevi erroneamente la tua fiducia”.
“Oppure dovrei farti fuori” – rispose lui – “per aver smascherato uno degli uomini di cui mi servivo per tenere a bada tutti gli altri, dato che l’imbroglio era stato ordito da me stesso in persona”.
Calò un silenzio di sfida tra i due, ma Van Cocezz decise che evidentemente per quel giorno ne aveva avuto abbastanza.
“Bel trucco quello della polvere da sparo, ad ogni modo, elementare ma efficace. Ti ha fatto vincere questa battaglia, non so se ti aiuterà per l’intera guerra.”
“Guerra? Ma di cosa parli? Cos’altro vuoi da me?” – rispose irato Arjanil, ma Cocezz aveva già lasciato la cella per andare a fare colazione.
Arjanil sbraitò ancora per un po’, maledicendo Cocezz e la sua sorte avversa.

Si risvegliò solo molte ore dopo, mentre il sole estivo cominciava il suo percorso verso il tramonto. Aprendo gli occhi provò quella sensazione tipica di chi per la prima volta si risveglia in un posto differente da casa e gli sembra di vivere un incubo. Non era una situazione nuova per lui, in quanto viveva una vita quasi da ramingo, ma era la prima volta che si risvegliava dietro le sbarre. Si guardò intorno, pensando che magari stesse ancora sognando, ma poi le tempie cominciarono a pulsargli, così come si intensificò d’improvviso il dolore alle costole, svegliandolo definitivamente. Si alzò a fatica dal letto, con la faccia stonata ed i capelli che gli ricadevano sulla fronte incrostata di sangue. Per prima cosa, pensò, avrebbe dovuto farsi una doccia e cambiarsi. Cercò Cocezz, ma non lo trovò all’interno della cella. Doveva essere l’ora d’aria del pomeriggio, o magari era già ora di cena. Stordito e assonnato si avvicinò al rubinetto e si diede una sciacquata, per poi dirigersi verso la cella e notare che era aperta.

“Hey, tu! Come mai non sei con gli altri?” – gli fece una voce dall’alto – “Ah, sei quello nuovo…Dov’eri a colazione e pranzo?”
“E voi dov’eravate quando mi hanno ridotto in questo modo?” – rispose Arjanil, mostrando il suo volto al piantone che gli si avvicinava correndo per il corridoio.
“Oh Sant’Umberto” – esclamò costui – “Mi sa che ti sei trovato durante il turno di guardia sbagliato”
“Wow, esistono anche turni di guardia giusti? Cercherò di farmi pestare nuovamente la prossima settimana allora, magari sarò più fortunato”.
“Riusciresti a farti pestare anche adesso, ti conosco da 30 secondi e già so che ti piace far saltare i nervi alle persone, ma con me non attacca. Piacere di conoscerti, mi chiamo Nunzio” – sorridendo, allungò una mano verso il prigioniero, in segno di distensione.
Arjanil guardò stranito la guardia, non aspettandosi un trattamento del genere da parte sua. Era abbastanza giovane, portava dei capelli neri corti come lo richiedeva ogni forza armata, ma aveva una faccia inusuale, con una fronte leggermente prognata.
“Ti conviene stringermi la mano, se vuoi farti una bella doccia e mettere qualcosa sotto i denti. Sempre se è avanzato qualcosa dal pranzo” – gli disse il piantone, continuando a sorridergli.
“Arjanil…” – si presentò, seppur sospettoso, raggiungendo la mano protesa della guardia e stringendogliela.
“Bene, non ci è voluto tanto, no? Ora seguimi, ti porterò alle docce e dopo prenderò qualcosa per te dalla cucina”.
Arjanil si fermò: “Perché stai facendo questo per me?”
“Perché questo è il mio lavoro” – rispose semplicemente Nunzio, come se fosse la cosa più ovvia del mondo – “Sai, il Presidente ci tiene a queste cose, e a me piace pensare che qui stiamo aiutando qualcuno piuttosto che punirlo. E’ quello che ci ripete dalla mattina alla sera, ma ahimè, a non tutti convince il suo modo di fare. Credo sia il motivo per cui hai riportato quelle tumefazioni. Te le medicherei, se ne avessi l’autorizzazione.”
“Cos’è? Sei anche un infermiere?”
“A mio modo sì, posso essere tante cose e tante persone” – gli rispose col sorriso sulle labbra – “Bene, siamo arrivati. Da qui puoi avere accesso alle docce. Farò in modo di farti trovare una divisa pulita e un qualcosa da mangiare quando hai finito”.
“Non sai nemmeno perché sono qui dentro, potrei aver ammazzato uno dei tuoi colleghi, dei tuoi familiari…perché mi aiuti?”
“Sono incline a credere che tutti abbiamo un lato buono dentro di noi. Ed è per certo una caratteristica peculiare, considerando il lavoro che svolgo. Quando guardo negli occhi un assassino, uno stupratore, io lo riconosco, e tu semplicemente non lo sei. Ed anche se lo fossi, ne capirei il perché. Può essere che mi sbagli, beninteso, ma tant’è…arrivederci, allora!”
Il piantone Nunzio si allontanò, lasciando Arjanil interdetto per quel singolare incontro.

Proprio mentre Arjanil si accingeva ad accedere alla sala docce, però, un boato squarciava il silenzio del pomeriggio, seguito da un susseguirsi di urli e schiamazzi. Pareva proprio che quella giornata non fosse ancora terminata.


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